GdF di Trani smascherato finto finanziere

La Procura di Lecce ha chiesto di cristallizzare in un incidente probatorio le dichiarazioni rese in undici diversi interrogatori, tra ottobre 2018 e marzo 2019, da parte degli indagati Antonio Savasta, ex pm di Trani attualmente agli arresti domiciliari, Vincenzo Di Chiaro, poliziotto attualmente in carcere e l’imprenditore Flavio D’Introno, nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti in cambio di procedimenti penali favorevoli che nel gennaio scorso ha portato all’arresto dei magistrati pugliesi Savasta e Michele Nardi e del poliziotto Di Chiaro. Al momento dell’arresto Savasta è Nardi erano in servizio al Tribunale di Roma.

Dinanzi ai pm di Lecce i tre indagati, sulle cui rivelazioni ora si chiede l’incidente probatorio, hanno ammesso le contestazioni raccontando anche nuovi episodi delittuosi che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di altre quattro persone, il magistrato Luigi Scimè, ex pm a Trani ed ora in servizio a Salerno, l’avvocato Giacomo Ragno, Savino Zagaria, cognato di Savasta, e Martino Marancia. Le nuove imputazioni formulate a carico degli indagati (che hanno ricevuto avvisi di garanzia) riguardano presunti episodi di corruzione, concussione, falso, calunnia, millantato credito ed estorsione. La posizione di altre otto persone, inizialmente presenti nell’elenco degli indagati al momento della notifica dell’ordinanza di arresto, è stata stralciata e nei loro confronti, scrive la Procura nelle imputazioni, «si procede separatamente».

Il magistrato di Trani Luigi Scimè, ora in servizio alla Corte d’appello di Salerno, avrebbe ricevuto dall’imprenditore Flavio D’Introno 75mila euro in tre diverse tranche per alcuni procedimenti penali che lo vedevano direttamente coinvolto. Per questo la Procura di Lecce contesta al magistrato il reato di corruzione in concorso con i suoi colleghi Antonio Savasta (che dopo l’arresto si è dimesso alla magistratura) e Michele Nardi, con l’imprenditore D’Introno, con il poliziotto Vincenzo Di Chiaro e con l’avvocato Simona Cuomo.

Gli episodi ricostruiti dai magistrati salentini, anche grazie alle dichiarazioni rese dopo l’arresto da alcuni co-indagati, riguardano quattro diversi procedimenti penali istruiti dalla Procura di Trani tra il 2012 e il 2016. In una occasione Scimè, preparando la requisitoria con Savasta di un processo a carico di D’Introno del quale era titolare, formulò – secondo l’accusa su esplicita richiesta di Nardi – «richiesta parziale di assoluzione e di condanna per una parte dei reati per i quali i magistrati ritenevano di poter giungere ad una declaratoria di prescrizione nelle successive fasi di giudizio», ottenendo in cambio 30 mila euro.

In un altro processo chiese il rinvio a giudizio per calunnia nei confronti di due accusatori di D’Introno (ottenendo una presunta tangente di 15 mila euro). Ancora, chiese l’archiviazione di due procedimenti relativi all’incendio di due ville di proprietà della moglie dell’imprenditore e al danneggiamento di una delle due ville (in cambio di 30 mila euro complessivi), «sì da favorire D’Introno il quale aveva interesse ad una rapida liquidazione dell’indennizzo da parte dell’assicurazione».