Il Consiglio di Stato ha bocciato nelle scorse ore i ricorsi presentati da Regione Puglia, Abruzzo e altri enti contro le ricerche di idrocarburi in mare. Una decisione che, di fatto, riapre la caccia al gas e al petrolio nei fondali marini lungo un’area di oltre 30mila metri quadrati, da Rimini a Termoli e da Rodi Garganico a Santa Maria di Leuca.

La decisione è arrivata dalla sezione del Consiglio di Stato, con i giudici amministrativi che hanno respinto le opposizioni al ministero dell’Ambiente e alla società “Spectrum Geo Ltd” e hanno confermato la decisione del Tar Lazio.

Le Regioni ricorrenti chiedevano l’annullamento del parere di compatibilità ambientale rilasciato dal ministero, che aveva autorizzato i “permessi di prospezione” lungo le coste di Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, facendo leva su un progetto di ricerca sul monitoraggio e conservazione dei cetacei in Italia e sul principio di precauzione, ovvero rilevando come non esistessero sufficienti elementi per valutare gli impatti della tecnica dell’“air gun” e sui rischi per l’ecosistema marino. Per i giudici i motivi dei ricorsi sono stati ritenuti “infondati” e “inammissibili”.