Di un cibo si dice che è duro da masticare quando non vuol proprio saperne di ammorbidirsi in bocca. Mai e poi mai, però, un uomo di Nardò avrebbe pensato di trovare nel cuore del tipico pasticciotto leccese, affogati nella crema, tre anelli di metallo, intrecciati l’uno con l’altro. Ed è stata anche una fortuna accorgersene in tempo con l’immediata percezione di avere tra i denti un oggetto solido e una sensazione di forte dolore al palato.

Così, ha sputato via anche il gustoso pasticciotto e, con sua grande sorpresa, ha visto gli anelli.
Ad una prima indagine visiva, sono sembrati essere resti di un braccialetto o di una collanina. Il malcapitato, che ha visto così repentinamente rovinata la sua prima colazione consumata in un bar della città, ha immediatamente fatto le sue rimostranze con il barista che ha chiamato la proprietaria.

Va detto che la responsabilità del locale neritino potrebbe essere parziale se non inesistente: si tratta infatti di un bar che non è anche pasticceria. Ragione per cui i dolci vengono acquistati precotti da un produttore e poi, al mattino, vengono scaldati – in ogni caso viene completata la cottura – per la somministrazione finale ai clienti. Insomma, per individuare le responsabilità dell’accaduto, occorrerà risalire la filiera, con la tracciatura obbligatoria per i prodotti alimentari, e scoprire quale stabilimento o laboratorio ha messo in commercio il pasticciotto “impreziosito”. Ma c’è da considerare un altro aspetto abbastanza preoccupante: se si trattasse infatti di resti di una catenella, altri pezzi potrebbero essere in giro. Sia nello stabilimento d’origine che in altri pasticciotti ancora da consumare. «Non osiamo pensare che cosa sarebbe potuto accadere se ad addentare quel dolce fosse stato un bambino» – chiosa il legale del malcapitato consumatore -, l’avvocato Ezio Maria Tarantino.

Sull’episodio ora indagano i carabinieri della locale stazione ai quali si è rivolto il 57enne perché si faccia luce sulla vicenda. Dalla sua, l’ignaro consumatore ha anche la fotografia scattata ai tre anelli, ancora sporchi di crema all’uovo. Sulle prime, infatti, aveva ingaggiato una discussione con i proprietari del bar che tendevano a minimizzare l’accaduto ma poi il cliente si è impuntato riuscendo ad ottenere la foto dei pezzetti di acciaio (probabilmente si tratta di questo metallo; o di un oggetto cromato) che ha portato ai militari come prova, oltre alla data, il luogo e l’ora dell’accaduto. Non è ovviamente la prima volta che accade: qualche anno fa una notissima azienda alimentare fu costretta, proprio a Nardò, ad indennizzare una donna che aveva trovato ingranaggi di metallo nella pasta friabile nei suoi rinomati biscotti.

(Fonte – Biagio Valerio – La Gazzetta del Mezzogiorno)