Ha risposto a tutte le domande del giudice, ammettendo di aver agito per motivi di gelosia: una confessione piena quella fatta da Salvatore Carfora, il 39enne di Torre Annunziata accusato dell’omicidio di Sonia Di Maggio, la giovane riminese di 29 anni uccisa a coltellate, la sera del 1° febbraio, a Specchia Gallone, frazione di Minervino di Lecce.

L’uomo ieri è stato interrogato dal gip, Giulia Proto, nel carcere di Lecce, durante l’udienza di convalida del fermo a cui è sottoposto con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione e stalking. L’assassino ha ricostruito l’accaduto, spiegando tempi, motivazioni e modalità del delitto.

La vittima è stata aggredita alle spalle, mentre passeggiava con il suo fidanzato e colpita con più di venti coltellate. Un’azione pianificata per vendetta, dopo che la ragazza aveva deciso di troncare la relazione con il 39enne e trasferirsi nella città del suo nuovo compagno.

Carfora era stato arrestato dalla Polizia alcune ore dopo l’omicidio ad Otranto, mentre cercava di raggiungere un mezzo, probabilmente un autobus, con il quale lasciare il Salento e fare ritorno in Campania. L’uomo, senza fissa dimora, era uscito qualche mese prima dall’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, dove era stato rinchiuso dopo aver accoltellato un parcheggiatore abusivo durante una lite. L’arma del delitto, un coltello a serramanico da sub con una lama di 8 centimetri, è stato ritrovato dagli agenti del Commissariato di Otranto nei pressi della scuola materna di Specchia Gallone, sotto un cumulo di pietre, a circa 200 metri dal luogo dell’aggressione.

Recuperati a poca distanza anche gli indumenti indossati dall’assassino (giubbotto, felpa, pantaloni e calze): erano stati nascosti dietro un muretto a secco, a due passi dal cimitero di Minervino di Lecce, dove il 39enne aveva trascorso la notte dopo l’omicidio. Sia sull’arma che sui vestiti sono state rilevato tracce di sangue che verranno analizzate nelle prossime ore dalla Polizia Scientifica.